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Contraffazione 2.0: quadro normativo del contrasto al fenomeno e novità per il “Made in Italy”

La contraffazione è un fenomeno antichissimo e assai presente nella nostra quotidianità: abbraccia i campi più disparati dell’economia.

Ed è per questo che, anche tra le pagine di questa rivista, spesso diamo conto delle novità che la ricerca e la tecnica mettono a punto per salvaguardare l’integrità di prodottti e servizi.

Per il mondo degli stampatori, ad esempio, la rappresentazione non autorizzata di un prodotto commerciale protetto da proprietà industriale assume la connotazione di violazione dell’identità merceologica, dell’identità aziendale, o del packaging, qualora si tratti di un’alterazione della confezione di un determinato marchio.

Contraffare, significa, prosaicamente, riprodurre un bene che venga scambiato per quello originale.

Le soluzioni, complementari e non alternative, presuppongono una stretta regolamentazione normativa su più livelli e una parallela e massiccia attività di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Rispetto alla prima leva, vale a dire quella della disciplina legata all’anticontraffazione, la legislazione italiana è un faro per i legislatori europei (sia degli altri Paesi membri, sia per le istituzioni dell’Unione europea).

Dietro a questo primato, risiede la vocazione del sistema Italia all’industria manifatturiera, al design e alla creativitià, come sinonimi di stile e qualità riconosciuti in tutto il Mondo. Proprio per queste ragioni, l’Italia è anche più esposta alle conseguenze derivanti dal mercato del contraffatto (si stima una perdita di circa 88mila posti di lavoro).

Il complesso normativo italiano è riassumibile in un intreccio di decreti e codici che sono al contempo votati alla deterrenza e alla sanzionabilità di comportamenti illeciti: il codice penale ha al proprio interno una serie di articoli che descrivono e prescrivono circostanze e pene per chi cade nella contraffazione. Insieme a ciò, si annoverano norme quali il codice della proprietà indusrriale: composto da 246 articoli, rappresenta un “corpus normativo che coordina le disposizioni legislative nazionali in materia di proprietà industriale e che detta regole per la tutela di marchi e altri segni distintivi, disegni, modelli, indicazioni geografiche, invenzioni, invenzioni biotecnologiche”.

All’interno di tale quadro è compreso il D.lgs. 30/2005, così come modificato dal D.Lgs n. 131/2010 (appunto il cd. Codice della proprietà industriale sopra citato), al quale si accompagna la legge n. 99/2009 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) che modifica alcune disposizioni del codice penale riguardanti il reato di contraffazione.

Su base europea, si possono evidenziare tre provvedimenti, in particolare: il Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio sul marchio Ue, il Regolamento  608/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali; la Direttiva 2004/48 CE, recepita con decreto legislativo n. 140 del 2006, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.

In questo caso, sono proprio tali importanti corollari al diritto d’autore, proprietà intellettuale e brevetti a costituire un lastricato di norme che dovrebbe dissuadere ulteriormente la riproduzione di opere false.

Ma nonostante questo, le istituzioni, continuano a lottare strenuamente per una riduzione del fenomeno. A operare in questo campo, oltre alle autorità giurisdizionali sono, tra le altre, la Guardia di Finanza, l’Antitrust, e, in base alle materie di competenza, vari ministeri.

L’Italia, come anticipato, è sensibilmente coinvolta su più fronti.

La cosiddetta ‘tutela del Made in Italy’ non è una battaglia spot: riguarda istituzioni e cittadini, poiché vi sono ambiti nei quali, oltre alla proprietà intellettuale, sono in gioco diritti fondamentali come la salute. E da qui discende il ruolo ad hoc, ad eempio, del Ministero per le politiche agricole, istituzione preminente per garantire  vigilanza e controllo dei marchi DOP, IGP, STG.

La legge n. 55/2010 sulla tutela del “Made in Italy” prescrive un sistema obbligatorio di etichettatura per i prodotti finiti e intermedi dei settori tessile, abbigliamento, arredo della casa, calzature e pelletteria, destinati alla vendita al pubblico.

In questo contesto, vi sono poi altre realtà paraistituzionali, che occupano un ruolo importante.

Il decreto legge n. 83 del 2012, attribuisce infatti alle camere di commercio territorialmente competenti il potere di irrogare sanzioni pecuniarie amministrative (art. 43).

“Il Consiglio Nazionale Anticontraffazione (CNAC) è l’organismo interministeriale con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento strategico delle iniziative intraprese da ogni amministrazione in materia di lotta alla contraffazione, al fine di migliorare l’insieme dell’azione di contrasto a livello nazionale”.

A partire da giugno 2019, Il CNAC diventa CNALCIS e amplia compagine e competenze

La Legge 28 giugno 2019, n.58 ha convertito il D. L. 30 aprile 2019, n. 34 recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi, c.d. “Decreto crescita”, che comprende, tra l’altro, importanti misure per la tutela del Made in Italy.

Cosa prevede la nuova normativa.

“il cambio di denominazione del Consiglio Nazionale Anticontraffazione in Consiglio Nazionale per la Lotta alla Contraffazione e all’Italian Sounding (CNALCIS), che include, quindi, nelle competenze del Consiglio, anche il contrasto alla falsa evocazione dell’origine italiana dei prodotti – c.d. Italian Sounding, fenomeno che provoca notevoli danni alle imprese del Made in Italy”.

Tra i membri effettivi che compongono il CNALCIS, entra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR).

Quest’ultimo passaggio, supporta la suggestione iniziale, ossia la necessità di stimolare lo spirito critico e la coscienza civica a partire dagli anni della formazione ed educazione dei cittadini.

La lotta alla contraffazione non può essere vinta solo con una iper regolamentazione normativa: occorre fornire strumenti di lettura delle conseguenze negative che derivano da un comportamento di tali dimensioni. Sottolineare i rischi e i pericoli della contraffazione e trasmettere, tra gli altri, il concetto che, dietro un apparente risparmio economico sul breve periodo, la società civile, perde, tutta insieme, un bagaglio di valori che merita invece di essere salvaguardato.

Da Il Poligrafico n.193, p.66-67